Settanta opere di Ugo Guidi
@ Casa SaraceniFigure, ritratti, paesaggi, nature morte | La donazione Barbara Buldrini
Ha aperto al pubblico il 22 settembre la mostra che prende origine dalla donazione di settanta opere di Ugo Guidi, tutte esposte nelle sale espositive di Casa Saraceni, sede della Fondazione Carisbo, da parte di Barbara Buldrini, nipote dell’artista.
Donazione avvenuta nel 2021 e composta da dipinti ad olio, sculture, fusioni in bronzo, pastelli, acquerelli, chine acquerellate e incisioni che documentano l’intero arco produttivo di Ugo Guidi, dal 1940 (Bambinetta seduta, olio su tavola) al 2003 (Nudino seduto, gessetto su carta).
Sabato 1° ottobre Casa Saraceni ha aperto al pubblico in via straordinaria, in occasione della XIX edizione di Invito a Palazzo, manifestazione annuale promossa e organizzata dall’Abi – Associazione Bancaria Italiana, in collaborazione con Acri – Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio, che prevede ogni primo sabato del mese di ottobre l’apertura delle sedi storiche degli Istituti associati, offrendo la possibilità di visitare i palazzi generalmente non aperti al pubblico e trasformati, nell’occasione, in spazi museali liberamente aperti ai cittadini, agli appassionati e ai turisti.
Ugo Guidi (Comacchio, 1923 – Bologna, 2007)
È lo stesso Guidi a ricordare come fosse stato conquistato dalla pittura in giovane età seguendo il padre che per diletto andava a dipingere alla Darsena di Ferrara e al parco del Montagnone, sulle mura, insieme ad un amico con il quale poi si ritrovava nella propria abitazione di via Frescobaldi a Ferrara.
Con il trasferimento della famiglia a Bologna, il ragazzo fece ingresso nel Liceo artistico. Fu quindi ammesso al corso di decorazione nell’Accademia di Belle Arti dove incontrò maestri che incisero sulla sua formazione: Alfredo Protti, Cleto Tomba, Nino Bertocchi, Ercole Drei e altri invece estranei all’ambiente accademico, come Alessandro Cervellati, frequentati al Caffè San Pietro in via Indipedenza, animato ritrovo di artisti. La guerra interruppe gli studi e lo allontanò da Bologna. Ma il giovane non abbandonò la pratica del disegno e in quel periodo realizzò qualche “appunto a pastello e a matita”; “modesti saggi”, a suo dire, che, sottoposti a Giovanni Romagnoli e a Giorgio Morandi negli sporadici contatti bolognesi, gli procurarono “passaggi ad honorem”. Il ritorno a Bologna rinsaldò i rapporti con Alfredo Protti che sarebbe scomparso poco dopo, nel 1949, e soprattutto con Giovanni Romagnoli, suoi autentici maestri.
Conseguito il diploma, restò in Accademia come assistente volontario fino al 1952, quando ottenne la cattedra al Liceo artistico. Si dedicò ininterrottamente all’insegnamento, che abbandonò solo nel 1982, alla soglia dei sessant’anni.
La sua produzione fu notevole, caratterizzata da straordinaria versatilità; così come assoluta fu la sua fedeltà alla tradizione figurativa nel solco della pittura di Alfredo Protti, di Guglielmo Pizzirani e di Giovanni Romagnoli, grazie ai solidi studi accademici e all’assidua pratica del disegno con i quali acquisì il pieno dominio degli strumenti della professione.
Nel 1952 ricevette l’incarico di decorare il palazzo delle Poste di Reggio Emilia con due pitture murali che lo impegnarono per un paio di anni. A quel decennio risalgono le due pale d’altare per la chiesa di Cristo Re di Bolzano, la Santa Teresa della chiesa di San Martino a Bologna e altre opere di destinazione ecclesiastica, tra le quali cartoni per mosaici.
Virtuoso del pennello grazie a un talento innato che lo predispose alla “bella pittura”, sperimentò diverse tecniche e si dedicò per tutta la vita al disegno esercitandosi nell’uso dei pastelli e dei gessetti. La prodigiosa serie degli acquerelli mostra una speciale abilità nella costruzione della figura attraverso liquide stesure di luci e ombre di immediata naturalezza.
Celebri sono i potenti nudi femminili impostati in arditi scorci accademici, moderne Veneri della tradizione classica. Consapevole degli esiti mirabili della sua pittura nella resa mimetica della realtà, si dedicò con passione anche al paesaggio e alla natura morta con esiti atmosferici di sapienza barocca, così come si specializzò nel ritratto sovrapponendo alla scontata riconoscibilità del modello la studiata caratterizzazione psicologica. Così è, tra gli altri, nel Ritratto del padre del 1947 e nel Ritratto di bimbo in costume degli anni Sessanta. Né l’artista tralasciò la grafica, facendo uso delle diverse espressioni (in più occasioni ebbe a dire: “matrici e stampe sono tutte di mia personale esecuzione”).
mostra a cura di Angelo Mazza con la collaborazione di Benedetta Basevi e Mirko Nottoli
Periodo di apertura
22 settembre – 11 dicembre 2022
20 dicembre 2022 – 5 febbraio 2023
Orari di apertura
martedì-venerdì ore 15-18
sabato, domenica ore 10-18
lunedì chiuso
Apertura nei festivi:
4 ottobre; 1 novembre; 8, 25 e 26 dicembre 2022; 1 e 6 gennaio 2023, ore 10-18
Il 4 e 5 febbraio 2023, per l’undicesima edizione di ART CITY Bologna, la mostra resterà aperta al pubblico con i seguenti orari:
- sabato 4 febbraio ore 10-23 per l’ART CITY White Night
- domenica 5 febbraio ore 10-19
Ingresso libero
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