The French Dispatch
@ Arena Puccini(USA-Germania/2021) di Wes Anderson (108')
Regia: Wes Anderson
Interpreti: Bill Murray, Benicio Del Toro, Adrien Brody, Tilda Swinton, Léa Seydoux, Owen Wilson,
Frances McDormand, Timothée Chalamet, Jeffrey Wright, Willem Dafoe, Saoirse Ronan, Christoph
Waltz, Elisabeth Moss, Jason Schwartzman
Origine e produzione: USA, Germania / Wes Anderson, Steven Rales, Jeremy Dawson, Searchlight
Pictures, American Empirical Pictures, Indian Paintbrush
Durata: 108
Alla morte del direttore di una redazione, il personale pubblica un memoriale che riporta le migliori storie realizzate dal giornale nel corso degli anni: un artista condannato all'ergastolo, rivolte studentesche e un rapimento risolto da un cuoco.
“Con la consueta verve e il piglio autoriale che lo contraddistingue, Wes Anderson mette in campo tutta la sua esuberanza visiva, mescolando colori e bianco e nero, live action e animazione, oltre a stili di vario genere. Più scatenata che mai, la messinscena del regista de I Tenenbaum e di Fantastic Mr. Fox raggiunge qui livelli difficilmente toccati in passato: la cura fotografica è impressionante, tanto per i giochi di luci e ombre quanto per l'attenzione con cui vengono inseriti i vari elementi all'interno di ogni inquadratura.
Utilizzando bene l'ironia, il film riesce a divertire e a intrattenere nel modo giusto, grazie anche a un ritmo indiavolato, che non rallenta mai, e alla divisione in capitoli.”
Andrea Chimento, “Il Sole 24 Ore”
“L’omaggio definitivo di Anderson a uno dei suoi punti di riferimento sempiterni, il “New Yorker”, con la sua eleganza tipografica e le sue illustrazioni. […]
Americani come lo sguardo del regista, i giornalisti del “Dispatch” guardano l’Europa, la sua cultura, il suo cibo senza realmente capirli, senza riuscire a conoscerli, travisandoli, anzi, con furia narrativa ora gioiosa, ora quasi mortifera. Il più cerebrale lavoro di Anderson porta a compimento il suo discorso, ormai lungo dieci film, sulle immagini mediate e sull’incapacità della sua generazione (e di quelle a seguire) di toccare il mondo con mano, di esperirlo senza che un bagaglio di già visto-già letto si sovrapponga all’immediatezza del reale. Ennui è l’ennesimo plastico a grandezza reale, un mondo chiuso, iperdettagliato e tanto maniacalmente realistico quanto avulso dalla realtà. E dalla Storia: Juliette e Zeffirelli, rivali e poi amanti durante la rivoluzione studentesca che colloca a Ennui il Maggio francese, sono la versione cresciuta di Susy e Sam di Moonrise Kingdom, che si svolgeva nel 1965 e anticipava le contestazioni, e per Anderson il Sessantotto è un luogo impastato di Godard e Gauloises, svuotato di senso politico, davanti al quale dichiara, con mestizia (è questo il suo film meno allegro, meno vitale, più raggelato in statici tableau vivant) e sincerità, la sua resa. Solo un altro album illustrato da sfogliare, un museo di curiosità da visitare, una Wunderkammer dove la Storia si fa attrazione, come accadeva nella mostra Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori da Anderson curata; quel che resta è raccontarla, metterla in bella forma, impaginarla, per poter abitare, con disperato conforto, almeno quel modello in scala, quella storia minuscola di cui si ha il controllo. In quadri affollati di divi cartoon (corpi attoriali ormai mossi come pupazzi in stop motion) e di caratteri tipografici (è un film da leggere, non leggero), i giornalisti-alter ego del regista fanno quello che da sempre fa lui: fare dello stile (che è estasi e resa) sostanza.”
Ilaria Feole, “FilmTV”