Lo script era grandioso. Quando mi sono seduta a leggerlo non avevo alte aspettative. Mi avevano dato una breve sinossi e mi sembrava una storia poco interessante. Ma appena ho iniziato a leggerlo, sin dalle prime scene con lei che entra nella libreria e sembra molto misteriosa e c’è questo tizio che ha tutti questi problemi ed escono e si scontrano e poi lei è a casa sua e si baciano, ho pensato “Gesù, è grandioso!”, sono stata completamente risucchiata dalla scrittura. Sono rimasta ammaliata dalle relazioni e dal modo in cui si dipanano. Ero totalmente affascinata. Arrivata a quel punto, volevo a tutti i costi girare il film.
Julia Roberts
Notting Hill appartiene, assieme, alla famiglia dei film sulle apparentemente insuperabili differenze di status – Da Vacanze romane al Principe e la ballerina a Pretty Woman – e a un genere non codificato, che chiameremo del ‘desiderio’ o dei ‘sogni proibiti’. Perché appartiene al mondo dei sogni condivisibili da tutti che una superstar in cerca di un momento di pace s’infili senza scorta e senza paparazzi in una libreria di quartiere e che il proprietario di quella libreria – l’uomo qualunque in cui tutti ci possiamo identificare, uomini e donne – sia proprio carino come noi vorremmo essere (e come in fondo pensiamo di essere), che il banale incidente di un succo di frutta galeotto rovesciato sull’elegante e minimalista tenutina della bella signora crei l’occasione (“come mi spiace, venga a ripulirsi a casa mia”) per un attimo via dalla pazza folla di Portobello e di Ladbroke Grove e quindi metta le basi per quello che ora si chiama feeling (e un tempo attrazione). Squadra che vince non si cambia e la squadra di scrittore e produttore costituita da Richard Curtis e Duncan Kenworth, all’origine del successo di Quattro matrimoni e un funerale, ripropone Londra, gli amori che sembrano difficili, il ritegno e l’indolenza della middle class britannica, il gioco dei contrasti e delle coincidenze tra America e Inghilterra, con una versione aggiornata e in rosa dei temi di Henry James (citato dal nostro libraio innamorato). […] Che ci faccia la superstar Anna a spasso per Notting Hill, così lontana dal lussuoso hotel del West End dov’è ospitata, è un’altra questione. Poco importa. Il sogno è carino, patinato, spiritoso: la diva s’innamora, lui pure, gli amici – un gruppo che piacerebbe alla Brétecher dei Frustrati – restano a bocca aperta, la commedia degli equivoci è divertente (ogni giornalista di cinema si ritroverà con imbarazzo nella scena delle interviste a catena), i paparazzi fanno le loro paparazzate, il fidanzato americano di lei (William Baldwin), che ha la cattiva idea di fare un’improvvisata e scambia Hugh Grant per un cameriere, è giustamente arrogante – e su tutto aleggia uno humour gentile e controllato. […] E c’è perfino un lieto fine in stile fiabesco: non tanto per l’ambiente – un incantato parco londinese – ma perché in quel parco ci sono Lui e Lei felicemente (e provvisoriamente per sempre...) insieme. Un segno di femminilità e di amore, si sa, è trasferirsi dove Lui vive (e sancire coi fatti che Notting Hill è meglio di Beverly Hills). D’altra parte, in America una libreria come quella di Hugh Grant finirebbe divorata dai colossi della distribuzione, e lo porterebbe in un altro film, accanto a Meg Ryan...
Irene Bignardi