musica e musicisti “tradotti agli estremi confini" | Attualità della memoria
Concerto degli studenti del Conservatorio di Rovigo a cura di Giuseppe Fagnocchi e presentazione del libro Tradotti agli estremi confini di e con Raffaele Deluca, musica, internamento e persecuzione nell’Italia fascista con uno sguardo sull’internamento civile degli ebrei a Shanghai e nell’Isola di Man. Concerto con musiche di: Isko Thaler, Kurt Sonnenfeld, Egon Wellesz, Hans Gal, Jacob Avshalomov, Marco Frank, Otto Joachim.
Evento dedicato a Ugo Sesini, musicologo e bibliotecario del Liceo musicale di Bologna, morto in campo di concentramento perché partigiano.
Raffaele Deluca ricostruisce in un libro la vicenda dei pianisti, violinisti e cantanti lirici rinchiusi a Ferramonti, nel comune di Tarsia in provincia di Cosenza, che è stato il principale tra i numerosi luoghi di internamento aperti dal regime fascista tra il giugno e il settembre 1940. Per una serie di circostanze fortuite arrivò lì anche una sessantina di musicisti tra cantanti lirici, pianisti, violinisti e studenti di conservatorio e «accadde qualcosa di clamoroso: in quel campo risuonarono le arie di Verdi e di Wagner, le Polacche di Chopin e i Lieder di Schubert, canti liturgici polifonici e cabaret viennese, si ascoltavano violini e fisarmoniche, un armonium e addirittura un pianoforte a coda». Tutto questo, e molto altro ancora, lo racconta Raffaele Deluca – pianista e musicologo milanese – nel volume Tradotti agli estremi confini – Musicisti ebrei internati nell’Italia fascista (nota introduttiva di Carlo Spartaco Capogreco”, ed. Mimesis). Anche l’Italia di Mussolini, con l’ingresso in guerra, aprì dei campi di concentramento, e quasi tutti gli ebrei stranieri presenti nel paese vennero arrestati per esservi condotti. Non pochi di loro erano artisti – specialmente musicisti – che nell’Italia avevano visto generalmente l’ideale “patria dell’arte”. Questo volume ripercorre le vicende di alcune tra le più significative figure di musicisti ebrei internati in Italia, uomini perseguitati per anni: prima nelle loro nazioni d’origine, poi anche nel Belpaese. Uomini nei quali la volontà di fare musica “nonostante tutto” non venne fiaccata dall’internamento fascista e neppure dalle non poche difficoltà del dopoguerra e del ritorno alla “vita normale”. Molti di loro riuscirono a scrivere musica, a insegnarla, a reperire strumenti musicali e spartiti. Riuscirono a formare cori e orchestre di internati, per mantenere e ricreare, con la musica, un’identità culturale e umana che era stata violata dalle persecuzioni razziali. Raffaele Deluca, musicologo e direttore di coro, è docente di discipline musicologiche al Conservatorio di Rovigo. Nel 2014 ha iniziato a occuparsi del rapporto tra musica e internamento fascista, progettando e partecipando a diversi concerti in Italia e in Austria. Presso la Biblioteca del Conservatorio di Milano ha curato varie collezioni di “musica perseguitata”. Nel 2017 ha ideato un concerto sull’attività musicale nel campo di Ferramonti (“Serata Colorata”), presentato in collaborazione con Viviana Kasam e Carlo Spartaco Capogreco al Parco della Musica di Roma, con diretta Rai, e nel 2018 al Teatro LAC di Lugano.
A cura di: Museo internazionale e biblioteca della musica
Fa parte di Attualità della memoria - 6a edizione del festival della rete delle biblioteche specializzate di Bologna